Arancino my love

Maschio o femmina, rotondo o a punta; chi l'ha assaggiato almeno una volta lo ricorderà per tutta la vita. Chi conosce ed ama la Sicilia, non può non apprezzare gli arancini di riso, uno dei più tipici esempi di cibo da strada della tradizione gastronomica della regione, venduti ovunque, sulle bancarelle, nei forni, nei mercati e nelle friggitorie.






Hanno un diametro di 8-10 cm e sono composti di riso impanato e fritto, imbottito in genere con ragù e piselli, e anche caciocavallo. Esternamente sono dorati e croccanti, ma morbidi all’interno quando vengono gustati il riso ed il ripieno. Con il nome di “arancini di riso”, questa specialità siciliana è stata riconosciuta ed inserita ufficialmente dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nell’elenco dei PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali italiani).



Arancino o arancina

Come accennato più sopra, nella zona occidentale della Sicilia questo tipico prodotto è chiamato “arancina”, mentre nella zona orientale è conosciuto come “arancino”. Nel primo caso siamo in presenza di un nome femminile derivante dalla forma rotonda dell’arancia, frutto tra i più rappresentativi siciliani; nel secondo caso il nome è maschile, l’arancino ha la forma di un cono e qualcuno sostiene che vuole simboleggiare il vulcano Etna. Sono le dispute etimologiche e filologiche che contrappongono palermitani e catanesi, trapanesi e messinesi fino al punto che potrebbero degenerare in liti che riportano alle tenzoni medievali. Il dubbio rimane. Secondo Gaetano Basile, giornalista e scrittore palermitano, nonché esperto autorevole di tradizioni siciliane, il nome da intendersi è “arancine”, perché deriva dall’accostamento con le arance, simbolo siciliano per eccellenza. Ma ci sono versioni diverse, come quella riportata dal Dizionario Siciliano-Italiano, dove lo scrittore palermitano Giuseppe Biundi descrive, alla voce “arancinu”, che questa pietanza di riso ha la forma del frutto dell’arancio (in Sicilia viene chiamato “aranciu”), per cui viene dedotto che la sua pronuncia è al maschile, cioè “arancino”.



Storia e origini

Le origini sono abbastanza controverse. C’è chi sostiene semplicemente che siano comparsi nelle cucine dei conventi grazie alle sapienti mani delle monache, altri affermano che siano nati nelle case degli aristocratici, mentre un’altra versione ritiene che siano apparsi per caso nelle cucine popolari dove venivano riciclati gli avanzi. La tradizione ci rimanda al periodo di dominazione araba, tra il IX e XI secolo. Durante i banchetti infatti, i saraceni usano collocare a centro tavola un ampio vassoio carico di riso aromatizzato con zafferano e insaporito con verdure, carne e altri aromi. I commensali allungano la mano, appallottolano il riso nel pugno e lo gustano dopo averlo condito con carne di agnello. La panatura è un’invenzione successiva, ma geniale. La croccante corazza dorata, ottenuta mediante la frittura, trasforma il godurioso pasticcio in cibo da viaggio, in uno street food senza eguali. Qualcuno attribuisce la bella pensata al sovrano svevo Federico II, particolarmente ghiotto di arancini e desideroso di non privarsene durante le lunghe battute di caccia. Nel XIII secolo Giambonino da Cremona, tra i più grandi traduttori dall’arabo del Medioevo, nel "Liber de ferculis et condimentis "– dedicato alla gastronomia araba – spiega che tutte le polpette preparate in quella cultura prendevano il nome dai frutti cui somigliavano, per forma e dimensione. Ecco, quindi, l’assimilazione all’arancia (in arabo naranj) anzi, a una piccola arancia, da cui la scelta del femminile “arancina”. Del resto, in quell’epoca, la Conca d’Oro palermitana risplende di rigogliosi agrumeti e i dominatori d’Oriente possono ammirare splendide arance un po’ ovunque. Per la Crusca, comunque, entrambe le diciture sono corrette, nella misura in cui il femminile ha un’impronta più vicina alla lingua italiana e il maschile è di derivazione dialettale. È pur vero, però, che se l’agrigentino di Porto Empedocle, Andrea Camilleri, fa sbavare il suo Montalbano per gli arancini della governante Adelina, una crepa illustre sul fronte orientale si apre leggendo il celebre romanzo verista I vicerè, in cui il catanese Federico De Roberto tradisce la propria fazione e parla al femminile di arancine di riso “grosse ciascuna come un mellone”.



Come preparare gli arancini di riso

Non esiste una classica ricetta e molte sono le varianti. Nella Sicilia stessa, dove gli arancini sono nati, la loro preparazione lascia spazio alla creatività gastronomica di cuochi e massaie, ed inoltre in ogni città e paese vengono utilizzati gli ingredienti tradizionali del luogo. Ed ecco che gli arancini possono avere forme e grandezze diverse, ed il loro ripieno può essere arricchito o costituito da piselli e provola, prosciutto cotto e besciamella, prosciutto e mozzarella, e poi con burro e spinaci, sarde e finocchietto, alla salsiccia, alle melanzane, ai funghi, al salmone, ai frutti di mare, e quant’altro. Ma quel che è certo, il loro sapore è sempre buono e sfizioso.
La ricetta che voglio presentare è una delle più diffuse e probabilmente la più tradizionale: gli arancini ripieni con ragù, piselli e caciocavallo.

Ingredienti per 10-12 arancini
Per il riso:
·         500 gr di riso adatto per risotti (Carnaroli, Roma, Vialone nano)
·         40 gr di burro
·         50 gr di parmigiano grattugiato (o pecorino)
·         200 gr di caciocavallo fresco a cubetti
·         1 bustina di zafferano
·         sale
·         1 lt d’acqua
Per il ripieno:
·         300 gr di carne macinata (misto maiale e manzo)
·         100 gr di concentrato di pomodoro
·         50 ml di vino rosso
·         1 cipolla
·         1 carota
·         1 costa di sedano
·         200 gr di piselli anche surgelati
·         sale e pepe
·         olio extravergine di oliva
Per friggere:
·         200 gr di farina 00
·         300 ml d’acqua
·         pangrattato

·         olio di oliva o di semi di arachide



Ragù arancini





Preparazione del ripieno

Pulire, lavare e poi tritare carota, cipolla e sedano. In un tegame scaldare l’olio, unire il trito spolverandolo di sale e facendolo appassire a fuoco lento per una decina di minuti. Appena la cipolla è cotta, unire la carne macinata, alzare un po’ la fiamma e fare cuocere lentamente, mischiando fino a prendere colore. Sfumare con il vino, aggiungere pepe e sale e poi il concentrato di pomodoro allungato con un po’ d’acqua calda. Coprire il tegame con un coperchio, abbassare la fiamma e far cuocere il ragù per due ore, aggiungendo acqua calda se dovesse diventare troppo denso; una ventina di minuti prima della fine della cottura, aggiungere i piselli precedentemente scottati in acqua salata. Il ragù ottenuto dovrà essere abbastanza denso. Regolare di sale.




Preparazione del riso

Far bollire l’acqua con una presa di sale; aggiungere poi il riso, lasciando cuocere a fuoco medio indicativamente per 12-13 minuti, comunque fino a quando non assorbe tutta l’acqua, e rimanendo al dente. E’ consigliabile, infatti, non scolare il riso, in quanto si disperderebbe l’amido prodotto durante la cottura, che dovrà servire per meglio amalgamare il riso e renderlo più modellabile. Ultimata la cottura, unire il burro e la bustina di zafferano, mescolare bene e versare il riso su un ripiano; appena si intiepidisce, spolverare con il parmigiano (o pecorino), amalgamando. Allargare il riso, coprirlo con una pellicola e lasciarlo raffreddare per 2-3 ore (anche in frigorifero).



Preparazione degli arancini



Preparazione degli arancini




Con le mani bagnate, prendere del riso e stenderlo sul palmo della mano, formando una specie di conca; versarci nel centro un cucchiaio di ragù con piselli e 2-3 cubetti di caciocavallo, compattando e richiudendo con altro riso, modellando una palla rotonda. Continuare con lo stesso procedimento anche per le altre arancine, mantenendo bagnate le mani.



Panatura e friggitura

Ricordiamo che la ricetta originale non prevede l’utilizzo delle uova, per cui, a questo punto, per procedere alla panatura è necessario preparare una pastella fluida, mescolando la farina e l’acqua in una terrina. Versare pangrattato in abbondanza in un piatto grande, e poi rotolare un arancino alla volta nella pastella e rivestirlo di pangrattato.



Friggitura arancini



Scaldare abbondante olio in un pentolino e, quando raggiungerà i 170 gradi, sommergere completamente, uno o due alla volta, gli arancini, lasciando friggere per almeno una decina di minuti, fino a quando la superficie diventa dorata. Scolarli e lasciarli sgocciolare su un foglio doppio di carta da cucina.




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