La Torre di
Manfria si erge sulla collina che sovrasta tutto il golfo di
Gela, è quel che rimane di
una delle Torri
Costiere della Sicilia, una torre di avvistamento e difesa.
È infatti una storia
antica la sua, che risale almeno al 1549 durante il viceregno di Juan
de Vega.
Dopo essere rimasta incompiuta nel 1578 la costruzione venne
ripresa e completata su disegno dell'architetto fiorentino Camillo
Camilliani, che la cita ben due volte in occasione dei suoi
studi preparatori, per i quali preparò un acquarello che mostra la torre di
pianta circolare con basamento che presentava una scarpata e parapetto con
merli. Riporta che era assai
adatta alla difesa essendo in corrispondenza a nord con il Castello di Butera, e ad est con il Castello di Gela, mentre
ad ovest lo era con il Castello di Falconara.
Nel primo quarto
del XVII secolo la torre fu quasi
del tutto ricostruita fino ad assumere l'aspetto attuale, e probabilmente,
desume il marchese Francesco Maria Emanuele Gaetani di Villabianca,
nei suoi "Diari palermitani", per impulso del viceré
Pedro Giron, duca di Ossuna.
Dagli archivi
della Deputazione del Regno di Sicilia, risulta che a partire
dal XVIII secolo, negli anni 1717, 1757, 1797, la guarnigione della torre fosse
composta da quattro soldati ed un sovrintendente scelto tra i cavalieri della
città di Terranova (Gela).
Nel 1804 dalla stessa
fonte è posta sotto la sovrintendenza di Don Mariano Carpinteri e Gravina, di
Terranova, che nel 1805 fece costruire la scala esterna di accesso, a due
rampe, ancor oggi esistente.
La storia
Delle duecento e più
torri costiere dell’Isola, che formavano un rudimentale sistema di vigilanza
strategico-militare per segnalare i pericoli provenienti dal mare, la torre di
Manfria era una tra le trentasette più importanti e dipendeva dalla Deputazione
del Regno di Sicilia, dai cui archivi risulta che, a partire dal XVIII secolo,
la guarnigione della torre fosse composta da quattro soldati ed un
sovrintendente scelto tra i cavalieri della città di Terranova (Gela). I torrari provvedevano a realizzare le segnalazioni
con la produzione di fumi durante il giorno e con l’accensione di fuochi
durante la notte in concomitanza dell’avvistamento di navi saracene; i segnali
erano percepiti da altre due torri vicine, quella di Camarina ad est e quella di
Falconara ad ovest, che a loro volta li trasmettevano al circuito isolano di
torri costiere in maniera tale che le popolazioni della costa approntassero in
tempo utile le necessarie difese contro l’arrivo dei pirati divenuti famosi per
il modo in cui trattavano le popolazioni dei luoghi costieri depredati.
Una torre così
particolare e suggestiva non può però non avere una leggenda che la riguardi.
Una di quelle che si raccontano al crepuscolo ai bambini curiosi di sapere,
quando il sole si tuffa in mare ed i tramonti visti dai piedi della torre
diventano infuocati lasciando il passo alla sera e che oggi arricchiscono le
tradizioni orali dei gelesi, che un tempo si tramandavano tra i contadini.
La leggenda
Ecco perché non poteva
mancare la leggenda di Manfrino (della quale esistono diverse versioni),
gigante buono e sfortunato, a guardia di un tesoro nascosto, in riferimento al
ritrovamento di monete greche e romane nella zona e di una formazione rocciosa
interpretata dai più come la sua orma lasciata nella roccia.
“Un uomo tanto grande da identificarsi con il nome di Gigante,
altri nomi non conosciamo di questo personaggio così grande ed anche così
buono”.
Il Gigante aveva una sorella bella e splendente nella sua
giovinezza e che per riservatezza non usciva mai dalla sua terra, tanto che
nessuno sapeva il suo nome e quindi la chiamavano “la bella Castellana.
La Torre di Manfria aveva annesso un grande territorio che arrivava
vicino al Castello di Falconara, suo confinante, che ospitava tanti alberi
secolari da frutta, palme, campi da orto, ruscelli di acqua limpidissima e una
distesa di fiori che il Gigante aveva voluto coltivare per la gioia della
sorella a cui tanto piacevano.
Tutto questo, si dice, lo avevano ereditato da un cavaliere di Malta di cui non
si conosce il nome. Il Manfrino non stava mai fermo e con il suo cavallo era
sempre in giro.
Un giorno, in una di quelle galoppate, vide in lontananza una bellissima figura
di donna, aveva una folta chioma bionda, vestita con eleganza e si muoveva con
una grazia che lui non aveva mai visto in altre donne, che si aggirava nei suoi
campi come se si fosse perduta.
Il nostro Gigante spronò il cavallo a tutta velocità per andarle
incontro e conoscerla, ma allorquando arrivò nei pressi di lei, quella figura
svanì nel nulla come per incanto.
La Castellana, vedendo l’uomo che si struggeva d’amore e che ogni giorno vagava
alla sua ricerca inutilmente, pensò di dare una grande festa così da far
ritornare la ragazza e farla incontrare con suo fratello. E così fu, si fece
una grande festa e vennero principi e nobili da tutte le parti della Sicilia e
a festa già cominciata entrò furtiva e lieve quella figura di donna così bella
e così cara ai suoi occhi da non considerare più tutti gli altri, che invece
desideravano le ricchezze del Gigante.
La torre con la sua tenuta era infatti conosciuta e
soprattutto desiderata da tutti i nobili e per averla non si sarebbero fermati
davanti a nulla, ma la presenza del Manfrino, metteva paura a chicchessia e
nessuno si azzardava ad infastidirlo per paura di essere sconfitto.
Quella però era la sera buona, involontariamente tutta la nobiltà
che bramava quel possedimento era riunita proprio nella torre del Manfrino,
tanto che alcuni principi invitati alla festa complottarono contro di lui
e sprangata la porta di accesso alla Torre uccisero tutti gli invitati e per
ultima, per maggior crudeltà, uccisero la Castellana.
Come spesso accade in alcune tragiche storie, il Manfrino non aveva certo fatto
i conti con l’avidità e l’invidia umana e nell’inseguire un amore sfuggente
finì con l’essere ucciso crudelmente da chi invece bramava tutto ciò che questo
omone buono aveva e di cui ingenuamente si era circondato. “Uccisero il Manfrino, il Gigante buono – dice la
leggenda – ma non poterono uccidere il suo ricordo e
quelle grida d’aiuto che ancora oggi nelle notti serene, nella quiete silente
del sito, ad orecchie attente non possono sfuggire”.
Eventi
Nato negli anni con lo
scopo di valorizzare un importante sito dai tramonti unici, ogni anno “D-Jazz
set alla Torre di Manfria” ha sempre attirato tantissimi giovani.
Musica dal
vivo, uno splendido panorama sotto la torre, e un tramonto mozzafiato, sono
stati gli ingredienti che hanno confermato il successo dell’iniziativa arrivata
alla sua quinta edizione. Ideata dall’assessore Giuseppe Ventura, gli incontri
della domenica tra natura e musica hanno visto sempre una maggiore
partecipazione di gente di tutte le età. Da Simmon Ascia a Daniele Tignino, da
Dario Melodia a Vincenzo Callea, e Lucio Pappardo, tanti i musicisti che si
sono alternati nelle tre domeniche di agosto. L’evento che ha visto alternarsi
molti artisti locali e non, è diventato un appuntamento fisso dell’estate
gelese.
Del resto come si poteva rinunciare ad ascoltare buona musica,
sorseggiare vino, con di fronte un panorama unico in Sicilia.
"La Torre è
tornata e ci guarda come a ringraziarci. Sembra quasi lusingata, di vedere
tanta gente a guardarla. Una sposa già all’altare e all’altezza.
Chi arrivava in
ritardo chiedeva di aver raccontato come il tramonto alla Torre ci aveva tolto
il fiato. Non si può che definirlo eccezionale, noi gelesi lo sappiamo che da
lì si toccano il cielo e il mare. Guardavo i vostri spontanei sorrisi e gli
occhi lucidi.
Il vento mandato dal
mare vi aggrovigliava i capelli e voi lì ad alzare il cellulare, a fotografarlo
questo sole, questo mare. Un imprinting della vostra memoria.
Non so, delle volte,
capire le preferenze umane. L’alba e il tramonto sono fatti della stessa
sostanza, dello stesso sole. L’uno che nasce, l’altro che muore.
Ma il sole, al
tramonto, ha avuto da sempre più pubblico di quello che sorge.
“Salire su una collina
al tramonto”. Non sembrerebbe niente di speciale.
Sta tutta qui la
magia. In quei pochi passi in salita guardando la Torre.
Vi hanno dato un
cambio di prospettiva, spaziale. Un cambio di posizione mentale.
Da lassù sembra tutto
meno banale, tutto ciò che guardiamo ci sembra lontano e meraviglioso.
E nonostante le cose
che non vanno siano sempre in agguato ci pensa il tramonto alla Torre, dopo il
mare, con la pelle salata e i capelli bagnati a illuderci.
È difficile sostenere
quella luce tesa e diversa.
E ci emoziona un
tramonto misero o sfavillante ma ancora di più, ci emoziona ancora di più, quel
luccichio finale e tormentato che colora la collina fino ad inabissarsi con
estrema grazia dentro il Mediterraneo. Sembra un sogno che svanisce quando
scopriamo di sognare.
Dalla Torre di Manfria
è tutto, da qui è tutto più speciale."
(fonte sconosciuta)





Commenti
Posta un commento