Agrigento mi fa pensare subito
alla suggestiva Valle dei Templi, dove è ubicato uno tra i maggiori complessi
archeologici del Mediterraneo, immerso in un paesaggio agricolo di rara
bellezza prevalentemente costituito da ulivi centenari e mandorli.
Il territorio fu abitato fin
dalla preistoria, ma è solo intorno al 582 a.C. che nasce la colonia di Akràgas
ad opera di un gruppo di Geloi a cui si erano uniti coloni provenienti dalla
metropolis Rodi, guidati dagli ecisti Aristinoo e Pistilo.
Inizia così la storia di una
delle più importanti colonie greche della Sicilia.
Dalla fondazione della polis
greca, all’epoca romana e bizantina, dalla Kerkent araba alla Gergent normanna,
dal periodo medievale alla città spagnola e borbonica, dal risorgimento ai
giorni nostri la città dei Templi ha attraversato alterne vicende.
Divenuta una delle poleis più estese del mondo Mediterraneo, mostra oggi un maestoso e glorioso passato grazie ai resti dei templi dorici che un tempo cingevano e dominavano l’antica città; molte antiche orme restano ancora intatte sotto i mandorli e ulivi secolari.
Gli scavi archeologici susseguitisi nel corso degli anni gettano nuova luce sulla vita della città, non solo di età greca, ma anche di età tardo-ellenistica e romana e sulle pratiche di sepoltura dei suoi primi abitanti della primissima era cristiana.
Sorge sulla sommità di due colline, il Colle di Girgenti e la Rupe Atenea, che si affacciano sul mare. L’odierna Valle dei Templi dove per secoli si sviluppò l'importante centro dell’antica colonia greca, era un sito naturalmente protetto grazie alla struttura dell’altopiano, ripido a Nord e delimitato ai lati dai fiumi Akragas e Hypsas confluenti a Sud in un unico corso alla cui foce era l’antico porto (emporion).Il territorio, noto già ai mercanti micenei per essere punto d’approdo lungo la rotta verso il Nord Africa e l’Occidente, era considerato strategico per i Rodii e i Cretesi che, dalla loro conoscenza del territorio agrigentino, frutto di precedenti frequentazioni, avevano già lasciato tracce attraverso le vicende della saga di Dedalo e Minosse in Sicilia.La scelta del momento storico, invece, appare dettata dal tentativo dei Geloi di contrastare l’espansione verso oriente dei Megaresi di Selinunte.
Divenuta una delle poleis più estese del mondo Mediterraneo, mostra oggi un maestoso e glorioso passato grazie ai resti dei templi dorici che un tempo cingevano e dominavano l’antica città; molte antiche orme restano ancora intatte sotto i mandorli e ulivi secolari.
Gli scavi archeologici susseguitisi nel corso degli anni gettano nuova luce sulla vita della città, non solo di età greca, ma anche di età tardo-ellenistica e romana e sulle pratiche di sepoltura dei suoi primi abitanti della primissima era cristiana.
Sorge sulla sommità di due colline, il Colle di Girgenti e la Rupe Atenea, che si affacciano sul mare. L’odierna Valle dei Templi dove per secoli si sviluppò l'importante centro dell’antica colonia greca, era un sito naturalmente protetto grazie alla struttura dell’altopiano, ripido a Nord e delimitato ai lati dai fiumi Akragas e Hypsas confluenti a Sud in un unico corso alla cui foce era l’antico porto (emporion).Il territorio, noto già ai mercanti micenei per essere punto d’approdo lungo la rotta verso il Nord Africa e l’Occidente, era considerato strategico per i Rodii e i Cretesi che, dalla loro conoscenza del territorio agrigentino, frutto di precedenti frequentazioni, avevano già lasciato tracce attraverso le vicende della saga di Dedalo e Minosse in Sicilia.La scelta del momento storico, invece, appare dettata dal tentativo dei Geloi di contrastare l’espansione verso oriente dei Megaresi di Selinunte.
La
storia di Akràgas
La polis akragantina in meno
di due secoli dalla fondazione ebbe uno straordinario sviluppo economico
infatti divenne una delle città più popolate del mondo greco e importante
centro propulsore della cultura ellenica nel Mediterraneo.
Dalla metà del VI sec. a.C., sotto la tirannide di Falaride (570-554 a.C.), la città comincia ad espandersi gradualmente, dotandosi: di un sistema difensivo che sfruttava la naturale conformazione del terreno, roccia scoscesa a nord e due fiumi a sud e a sud-ovest; di un impianto urbanistico ortogonale con una acropoli che sovrasta la città bassa ad essa collegata da un unico accesso; di templi e necropoli.Falaride, celebre per la sua crudeltà e per il toro di bronzo che gli serviva a torturare i suoi nemici, intraprende una politica espansionistica nei confronti delle popolazioni sicane dell’entroterra e della stessa polis di Gela.Nella seconda metà del V sec. ad Agràgas si instaura un regime democratico e la città gode di un periodo di relativa tranquillità, la cosiddetta eudaimonia, letteralmente la condizione di uno “spirito buono”(eu=bene, daimon=spirito), cioè di chi è posseduto da una buona sorte che gli permette di prosperare.Il suo successore, Terone, discendente dall’illustre famiglia degli Emmenidi e due volte vincitore col carro ad Olimpia, porta i confini della polis fino alle coste tirreniche della Sicilia, raggiungibile attraverso l’asse fluviale del fiume Platani, l’antico Halycòs; sconfigge l’armata cartaginese di Amilcare nella battaglia di Himera nel 480 a.C., mentre sul piano dei lavori pubblici, inizia l’ambizioso programma incentrato sulla costruzione dei Templi e della vasca della Kolimbetra, alimentata dalle acque dell’acquedotto di Feace.
Tuttavia, la prosperità economica e la stabilità politica e il fervore culturale celebrato dai poeti lirici Pindaro e Simonide erano destinati a finire.
Non furono sufficienti i buoni rapporti fra Agrigentini e Cartaginesi a impedire l’assedio della città nel 406 a.C., nella terribile avanzata guidata da Annibale, che porterà alla distruzione di altre colonie greche di Sicilia.
Fu Timoleonte a liberare la città e a restituirle il suo ormai appannato splendore, ma l’arrivo dell’esercito di Roma nella contesa coi Cartaginesi stabilì la sua resa, entrando così a far parte della Provincia Siciliana in virtù della sua prospera economia basata sull’agricoltura, l’industria tessile e lo sfruttamento dello zolfo.
Durante gli ultimi anni della repubblica e della prima età imperiale, Agrigento beneficiò del fatto di essere unica città-mercato sulla costa meridionale della Sicilia con l’emporio alla foce del fiume S. Leone. Sede episcopale con l’avvento del cristianesimo, iniziò tuttavia una fase di lento e inesorabile declino che portò ad un progressivo spopolamento e impoverimento della città che finì per diventare un villaggio arroccato sulla Rupe, che gli Arabi nell’829 d.C. conquistarono e chiamarono Kerkent o Girgenti, e dopo di loro i Normanni.
Dalla metà del VI sec. a.C., sotto la tirannide di Falaride (570-554 a.C.), la città comincia ad espandersi gradualmente, dotandosi: di un sistema difensivo che sfruttava la naturale conformazione del terreno, roccia scoscesa a nord e due fiumi a sud e a sud-ovest; di un impianto urbanistico ortogonale con una acropoli che sovrasta la città bassa ad essa collegata da un unico accesso; di templi e necropoli.Falaride, celebre per la sua crudeltà e per il toro di bronzo che gli serviva a torturare i suoi nemici, intraprende una politica espansionistica nei confronti delle popolazioni sicane dell’entroterra e della stessa polis di Gela.Nella seconda metà del V sec. ad Agràgas si instaura un regime democratico e la città gode di un periodo di relativa tranquillità, la cosiddetta eudaimonia, letteralmente la condizione di uno “spirito buono”(eu=bene, daimon=spirito), cioè di chi è posseduto da una buona sorte che gli permette di prosperare.Il suo successore, Terone, discendente dall’illustre famiglia degli Emmenidi e due volte vincitore col carro ad Olimpia, porta i confini della polis fino alle coste tirreniche della Sicilia, raggiungibile attraverso l’asse fluviale del fiume Platani, l’antico Halycòs; sconfigge l’armata cartaginese di Amilcare nella battaglia di Himera nel 480 a.C., mentre sul piano dei lavori pubblici, inizia l’ambizioso programma incentrato sulla costruzione dei Templi e della vasca della Kolimbetra, alimentata dalle acque dell’acquedotto di Feace.
Tuttavia, la prosperità economica e la stabilità politica e il fervore culturale celebrato dai poeti lirici Pindaro e Simonide erano destinati a finire.
Non furono sufficienti i buoni rapporti fra Agrigentini e Cartaginesi a impedire l’assedio della città nel 406 a.C., nella terribile avanzata guidata da Annibale, che porterà alla distruzione di altre colonie greche di Sicilia.
Fu Timoleonte a liberare la città e a restituirle il suo ormai appannato splendore, ma l’arrivo dell’esercito di Roma nella contesa coi Cartaginesi stabilì la sua resa, entrando così a far parte della Provincia Siciliana in virtù della sua prospera economia basata sull’agricoltura, l’industria tessile e lo sfruttamento dello zolfo.
Durante gli ultimi anni della repubblica e della prima età imperiale, Agrigento beneficiò del fatto di essere unica città-mercato sulla costa meridionale della Sicilia con l’emporio alla foce del fiume S. Leone. Sede episcopale con l’avvento del cristianesimo, iniziò tuttavia una fase di lento e inesorabile declino che portò ad un progressivo spopolamento e impoverimento della città che finì per diventare un villaggio arroccato sulla Rupe, che gli Arabi nell’829 d.C. conquistarono e chiamarono Kerkent o Girgenti, e dopo di loro i Normanni.
Oggi possiamo ammirare quel
che resta della città del V secolo a.C., con le successive modifiche di età
ellenistica e romana. L’area sacra è stata creata a partire dalla seconda metà
del VI secolo a.C, così come le aree pubbliche e residenziali.
La cosa che colpisce di più il visitatore, percorrendo la Statale, è il suggestivo scorcio della Collina dei templi, dove, sul margine della balza rocciosa si erigono in successione i templi dorici. Osservandoli da est verso ovest, abbiamo: Giunone Lacinia, Concordia, Eracle.
Altre importanti vestigia sono i resti dei templi di Zeus Olimpio, del complesso sacro delle divinità Ctonie, del tempio dei Dioscuri e di Vulcano, costruiti durante il regno di Terone.Il tempio di Giunone Lacinia è un edificio dorico costruito intorno al 450 a.C., costruito su quattro livelli di stilobate ed è circondato da 34 colonne, di cui si conservano quelle del colonnato settentrionale e parte degli altri tre lati e pochi elementi della cella; reca ancora le tracce dell’incendio del 406 a.C. e dei restauri di età romana quando vennero aggiunte le tegole marmoree e il piano inclinato sul lato orientale.Percorrendo la strada verso Ovest si possono vedere gli arcosoli scavati nella roccia e gli ipogei di età bizantina relativi all’area cimiteriale di VI sec. d.C. voluta dal Vescovo Gregorio Magno di Agrigento.
La cosa che colpisce di più il visitatore, percorrendo la Statale, è il suggestivo scorcio della Collina dei templi, dove, sul margine della balza rocciosa si erigono in successione i templi dorici. Osservandoli da est verso ovest, abbiamo: Giunone Lacinia, Concordia, Eracle.
Altre importanti vestigia sono i resti dei templi di Zeus Olimpio, del complesso sacro delle divinità Ctonie, del tempio dei Dioscuri e di Vulcano, costruiti durante il regno di Terone.Il tempio di Giunone Lacinia è un edificio dorico costruito intorno al 450 a.C., costruito su quattro livelli di stilobate ed è circondato da 34 colonne, di cui si conservano quelle del colonnato settentrionale e parte degli altri tre lati e pochi elementi della cella; reca ancora le tracce dell’incendio del 406 a.C. e dei restauri di età romana quando vennero aggiunte le tegole marmoree e il piano inclinato sul lato orientale.Percorrendo la strada verso Ovest si possono vedere gli arcosoli scavati nella roccia e gli ipogei di età bizantina relativi all’area cimiteriale di VI sec. d.C. voluta dal Vescovo Gregorio Magno di Agrigento.
Il
tempio della Concordia
Il tempio della Concordia,
costruito intorno al 440-30 a.C. è uno tra i meglio conservati edifici sacri di
epoca classica, poggia su un basamento di 4 gradini che sorreggono 6 per 13
colonne sormontate dal classico fregio dorico di triglifi e metope.
L’interno e l’esterno della struttura erano rivestiti di stucco policromo.
La trasformazione in chiesa cristiana comportò alcuni stravolgimenti strutturali, l’altare di epoca classica fu distrutto, si abbatté il muro di fondo della cella, si chiusero gli intercolumni e si praticarono 12 aperture arcuate onde costituire le tre navate canoniche di una basilica paleocristiana.
L’interno e l’esterno della struttura erano rivestiti di stucco policromo.
La trasformazione in chiesa cristiana comportò alcuni stravolgimenti strutturali, l’altare di epoca classica fu distrutto, si abbatté il muro di fondo della cella, si chiusero gli intercolumni e si praticarono 12 aperture arcuate onde costituire le tre navate canoniche di una basilica paleocristiana.
Il tempio di Eracle
L’ultimo tempio sul ciglio
della collina è il tempio di Eracle, attribuzione basata su un passo delle
Verrine di Cicerone, il quale parlava di un edificio sacro costruito non
lontano dal Foro. L’edificio possiede proporzioni allungate e una cella stretta
e lunga, segno di arcaicismo; delle 6 per 15 colonne doriche che costituivano
il colonnato, solo otto sono rimaste in piedi sul lato sud rierette nel 1923.
Sul fronte orientale vi sono i segni dell’altare.
Il
tempio di Zeus
Sull’altro lato della strada
che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata dominata dalle rovine
del Tempio di Zeus Olimpio, di cui solo le fondamenta e l’altare principale
sopravvivono; è stato tra i più grandi templi greci, 112 m di lunghezza e 56 m
di larghezza. Purtroppo rimase incompiuto a seguito della conquista
cartaginese, resta ancora visibile il basamento dell’altare, davanti al fronte
orientale, non meno colossale del tempio. Per avere una idea di come doveva
essere l’imponente struttura, all’interno del Museo Archeologico è stata
realizzata una ricostruzione in scala ridotta.
La gigantesca costruzione era realizzata a piccoli blocchi, comprese le colonne, la trabeazione, i telamoni e l’architrave. Secondo Diodoro Siculo, che descrisse l’Olympeion, su di un poderoso basamento, si collocava il recinto con sette semicolonne doriche sui lati corti e 15 su quelli lunghi, collegate da un muro continuo. Negli intercolumni, a metà altezza del muro e su una sorta di cornice continua, posavano i telamoni alti oltre 7 m.
La gigantesca costruzione era realizzata a piccoli blocchi, comprese le colonne, la trabeazione, i telamoni e l’architrave. Secondo Diodoro Siculo, che descrisse l’Olympeion, su di un poderoso basamento, si collocava il recinto con sette semicolonne doriche sui lati corti e 15 su quelli lunghi, collegate da un muro continuo. Negli intercolumni, a metà altezza del muro e su una sorta di cornice continua, posavano i telamoni alti oltre 7 m.
La
porta V e gli altri edifici Templari
Lasciandosi alle spalle l’area
sacra dell’Olympeion, dirigendoci verso sud-ovest si attraversano due grandi
isolati, oltre i quali si colloca un santuario che domina l’accesso della città
dalla porta V. È dove sorgono i due templi dedicati alle divinità Ctonie,
Demetra e Kore, con tutta probabilità già luogo sacro per le popolazioni
indigene prima dell’arrivo dei colonizzatori greci.
Varcata la plateia al suo sbocco nella porta V, si trova il cosiddetto tempio L e la pittoresca rovina del tempio dei Dioscuri, ricostruita nella prima metà dell’Ottocento con pezzi di varia epoca rinvenuti nella zona. Il tempio, che doveva esistere già a metà del V sec. a.C.
Sull’altro lato della Valle attraverso un sentiero si giunge alla celebre Kolimbetra, il giardino ricco di vegetazione e sorgenti, un tempo vasca del grande acquedotto di Feace.
A ovest della collina dei Templi si trovano i resti del tempio di Vulcano, edificio dorico del V sec a.C.Insieme a questo edificio templare, nell’area sacra vi erano altri piccoli sacelli e un interessante gruppo di altari, alcuni di essi circolari, con incavi per convogliare le offerte non solo a Demetra e Kore, ma anche ad altre divinità ad esse collegate quali Ecate, Zeus Meilichios, Demetra Malophoros, Afrodite e Dioniso.
Varcata la plateia al suo sbocco nella porta V, si trova il cosiddetto tempio L e la pittoresca rovina del tempio dei Dioscuri, ricostruita nella prima metà dell’Ottocento con pezzi di varia epoca rinvenuti nella zona. Il tempio, che doveva esistere già a metà del V sec. a.C.
Sull’altro lato della Valle attraverso un sentiero si giunge alla celebre Kolimbetra, il giardino ricco di vegetazione e sorgenti, un tempo vasca del grande acquedotto di Feace.
A ovest della collina dei Templi si trovano i resti del tempio di Vulcano, edificio dorico del V sec a.C.Insieme a questo edificio templare, nell’area sacra vi erano altri piccoli sacelli e un interessante gruppo di altari, alcuni di essi circolari, con incavi per convogliare le offerte non solo a Demetra e Kore, ma anche ad altre divinità ad esse collegate quali Ecate, Zeus Meilichios, Demetra Malophoros, Afrodite e Dioniso.
La
Chiesa di San Nicola
Al centro della Valle si trova
la chiesa di San Nicola, uno tra i maggiori esempi di gotico cistercense
presenti in Sicilia con relativo convento, oggi distrutto per l’edificazione del
moderno Museo Archeologico.
Fra essi spiccano i resti dell’Ekklesiasterion, tipico edificio pubblico da dove i cittadini assistevano ai dibattiti dell’assemblea, e del Bouleuterion, edificio pubblico legato alle riunioni della boule, l’assemblea dei rappresentanti eletti dal popolo, magistrati che avevano il compito di adempiere a funzioni prettamente legislative.
Nel primo caso si tratta di una struttura circolare, del primo si conservano una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale si trova lo spazio centrale dell’orchestra, destinata agli oratori. In età romana la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto oratorio di Falaride, un tempietto di tipo romano, su alto podio lungo 12 m. circa e largo quasi 9 m.
Fra essi spiccano i resti dell’Ekklesiasterion, tipico edificio pubblico da dove i cittadini assistevano ai dibattiti dell’assemblea, e del Bouleuterion, edificio pubblico legato alle riunioni della boule, l’assemblea dei rappresentanti eletti dal popolo, magistrati che avevano il compito di adempiere a funzioni prettamente legislative.
Nel primo caso si tratta di una struttura circolare, del primo si conservano una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale si trova lo spazio centrale dell’orchestra, destinata agli oratori. In età romana la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto oratorio di Falaride, un tempietto di tipo romano, su alto podio lungo 12 m. circa e largo quasi 9 m.
Tutta l’area della Valle è
circondata da necropoli, i più antichi cimiteri sono a sud della cresta con
tombe e monumenti di età pagana e di età cristiana. La cosiddetta Tomba di
Terone è in realtà una tomba monumentale di età romana, ma la sua forma, quella
di un piccolo tempio ionico impostato su un podio, richiama forme
greco-asiatiche.
Patrimonio
dell’UNESCO
Non è un caso che dal Novembre
del 1997 la zona archeologica di Agrigento è stata inserita dall’Unesco nella
Lista del Patrimonio dell’Umanità.
Arte, storia e natura hanno reso questo posto famoso fin dall’antichità, prima
con gli scrittori di età classica, poi con storici del XVI e XVII sec. per
finire con artisti e viaggiatori dell’800 come Goethe che hanno lasciato ai
posteri pagine memorabili del Gran Tour.
Attraversato da strade di collegamento tra la città e il mare, il Parco si articola in diverse zone che possono essere visitate anche separatamente, vista l’ampiezza di tutta l’area. Ma non fatevi scoraggiare, perché entrando nella Valle dei templi di Agrigento vi sembrerà di fare un tuffo nel passato, come se il tempo si fosse fermato.
Quindi armatevi di comode scarpette, cappellino e occhiali da sole e, che la passeggiata possa avere inizio!
Attraversato da strade di collegamento tra la città e il mare, il Parco si articola in diverse zone che possono essere visitate anche separatamente, vista l’ampiezza di tutta l’area. Ma non fatevi scoraggiare, perché entrando nella Valle dei templi di Agrigento vi sembrerà di fare un tuffo nel passato, come se il tempo si fosse fermato.
Quindi armatevi di comode scarpette, cappellino e occhiali da sole e, che la passeggiata possa avere inizio!
Commenti
Posta un commento