Il convento dei Cappuccini a Palermo è annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace risalenti al XVI secolo. Nel sotterraneo si trovano le famose catacombe dei Cappuccini in stile gotico.
L’incredibile scoperta di 45 corpi mummificati naturalmente portò una certa fama al convento ed i Frati cominciarono, a poco a poco, ad accogliere un numero sempre maggiore di salme di finché, nel 1783, decisero di concedere sepoltura a tutti coloro che fossero in grado di permettersi i costi delle pratica di imbalsamazione.
Fu così che le Catacombe dei Cappuccini di Palermo si espansero e furono creati nuovi corridoi. E quello che doveva essere il cimitero "privato" dei Frati divenne una sorta di museo della morte.
Dal Seicento all’Ottocento furono migliaia le persone, soprattutto notabili siciliani e personaggi illustri, che decisero di affidare ai Frati i corpi dei loro defunti: in cambio di ricche donazioni, questi ed i loro parenti potevano permettersi l’efficace processo di mummificazione naturale che i Frati Cappuccini con il tempo perfezionarono, e di essere esposti all’interno del cimitero.
Al desiderio di preservare il corpo a tutti i costi anche dopo la morte, si aggiungeva la possibilità per le famiglie dei defunti non solo di piangere la tomba del proprio caro ma anche di vederlo, di parlargli, di ‘fargli visita’ come se ancora facesse parte del mondo dei vivi.
L’apprezzamento generale verso il metodo utilizzato da Frati Cappuccini per la conservazione dei corpi, fece del cimitero una specie di zona franca, esclusa da tutte le leggi civili che negli anni vennero emanate in materia di sepolcri, come il decreto regio del 1710 con il quale si ordinava di seppellire i cadaveri ad un miglio di distanza dall’ambito urbano e non più dentro le chiese.
Il cimitero venne chiuso nel 1880, salvo accogliere in via eccezionale ancora due salme nei primi anni del Novecento: la prima, nel 1911, fu quella di Giovanni Paterniti, viceconsole degli Stati Uniti; la seconda, nel 1920, fu quella della piccola Rosalia Lombardo, morta alla tenera età di due anni e oggi nota come la “mummia più bella del mondo”.
Il Convento è conosciuto in tutto il mondo per la presenza nei suoi sotterranei di un vasto cimitero, che attira la curiosità di numerosi turisti. Lo spettacolo macabro degli innumerevoli cadaveri esposti è spunto di riflessione sulla caducità della vita, sulle vanità terrene e sull'inutilità dell'attaccamento degli uomini alle loro fattezze esteriori. Le gallerie furono scavate alla fine del '500 in stile gotico; queste formano un ampio cimitero di forma rettangolare. Non sono mai state inventariate le salme presenti ma si è calcolato che debbano raggiungere la cifra di circa 8.000.
Le mummie, in piedi o coricate, vestite di tutto punto, sono divise per sesso e categoria sociale, anche se la maggior parte di esse appartengono ai ceti alti, poiché il processo di imbalsamazione era costoso. Nei vari settori si riconoscono: prelati; commercianti e borghesi nei loro vestiti "della domenica"; ufficiali dell'esercito in uniforme di gala; giovani donne vergini, decedute prima di potersi maritare, vestite con il loro abito da sposa; gruppi familiari disposti in piedi su alte mensole, delimitate da sottili ringhiere simili a balconate.
Numerose salme appartengono comunque a frati dell'ordine dei Cappuccini stessi: il primo a essere stato inumato all'interno delle catacombe fu infatti frate Silvestro da Gubbio il 16 ottobre del 1599.
Il metodo di imbalsamazione prevedeva prima di tutto di far "scolare" la salma per circa un anno, dopo averle tolti gli organi interni. Quindi il corpo, più o meno rinsecchito, veniva lavato con aceto, riempito di paglia, e rivestito con i suoi abiti. Altri metodi, utilizzati specialmente in periodi di epidemie, prevedevano un bagno di arsenico o di acqua di calce.
Quando a metà '800 le disposizioni sanitarie vietarono le sepolture nelle chiese e nei sotterranei, fu eretto a fianco della chiesa il Cimitero dei Cappuccini.
Si chiamava Rosalia Lombardo la bambina nata a Palermo nel 1918 che morì due anni dopo per una polmonite. Il padre, forse spinto dal dolore, si rivolse al dott. Alfredo Salafia per mummificare il corpicino della figlia e preservarlo nel tempo.
Il dottor Salafia era, all’epoca, un esperto e studioso di tecniche di conservazione dei cadaveri, le stesse che praticavano gli antichi Egizi migliaia di anni fa. Effettivamente, i metodi del dottor Salafia hanno permesso un’ottimo stato di conservazione della bambina, ritrovata quasi intatta dopo circa 94 anni nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, dove oggi risiede.
Grazie a delle telecamere installate nella stanza dove si trova la mummia-bambina, gli addetti ai lavori hanno notato che Rosalia apre e chiude gli occhi una volta al giorno. La gente si divide sul fenomeno: chi grida al miracolo, chi vede segni di santità nella bambina.
Per la scienza il fenomeno è quasi inspiegabile, o meglio: forse a causa delle variazioni di umidità della stanza in cui si trova la mummia, il risultato è questo movimento delle palpebre. Sembra essere certo, invece, che lo scorrere del tempo e le variazioni climatiche a cui è stato sottoposto il cadavere nei decenni hanno reso i capelli e le ciglia della bambina bionde, mentre nel passato e dal confronto con le foto dell’epoca, Rosalia aveva i capelli più scuri.

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